Vederli muovere li dentro, osservarli
da fuori. (Consapevoli di essere quelli liberi).
Questo era l'intento con il quale, ogni
giorno, o quasi, saltando magari quelli di pioggia troppo intensa,
troppo poco proficui, cercava e probabilmente ci riusciva anche, di
giustificare la sua presenza li. Sempre nello stesso posto, sempre a
guardare le stesse scene, ripetute, uguali a se stesse.
Anche se nei dettagli, no.
Quando ci si trova a muovere
all'interno di uno spazio stretto, lui lo sa bene, i movimenti
vengono necessariamente codificati e diventano ripetitivi, ripetuti
fino all'esaurimento del moto, probabilmente oltre la noia. Lo sapeva
bene lui, lo sapeva perché anche lui era stato rinchiuso, dietro
sbarre solide. Materialmente molto più solide di quelle che
imprigionano i suoi attori ma più evadibili, ha valutato tante
volte. Forse le uniche gabbie dalle quali il recluso pensa
costantemente di uscire, un pensiero fisso, un compagno di prigionia,
il migliore spesso, quello che ti fa rimanere sano, ma non sempre.
Potrebbe installarti un pensiero, un germe, questa semplice idea che
da dentro poi potrebbe erodere e consumarti progressivamente. È un
compagno di viaggio rischioso. In questo stato di sbarre c'era
rimasto per un po', a lungo, ma poi il tempo ha smesso di dilatarsi
per iniziare a comprimersi e il susseguirsi di anni si è fatto
instabile, per la troppa poca velocità. Ora stare fuori, poter
respirare e muoversi liberamente aveva un carico di emozioni, prima
dimenticate. Guardali, vedi, guarda lui, ora andrà li dietro. Quello
gli piacerà.
Conosceva già, o almeno sapeva
prevedere con grande precisione, i movimenti di cui era spettatore,
sapeva i gusti di quei reclusi anomali. Rinchiusi innocenti. Ora non
più.
Li guardava sorridere, di cosa? Li
guardava provare, cosa? Li guardava spendere, per cosa? Li guardava
passare da quelle vetrine, passare per quelle casse e uscire da
quelle porte sorridenti. Prigionieri volontari, non troppo ma non
giustificabili, di un'apparenza, di un gusto estetico a lui
sconosciuto. Prigionieri del sorriso dopo aver speso un sacco di
tempo e soldi in quei negozi di vestiti. Faceva freddo e aveva fame.
“Sono belli sorridenti, hanno speso soldi e hanno vestiti”. Con
questo ragionamento è partito, due strattoni, le urla, le guardie
che intervengono immediatamente. Cercavo solo di liberarli da una
loro gabbia.
Ora ci finisco io.